brunello-di-montalcino E’ meglio una cassa di Brunello di Montalcino d’annata o un pacchetto di titoli azionari della più grande azienda vitivinicola cilena? La seconda, ai tempi della crisi. Perché nella tempesta che ha travolto le Borse, il nettare di Bacco non ha perso il suo fascino. Anzi, si è rivelato un ottimo investimento. Lo dimostrano i risultati dell’ultima indagine dell’Ufficio Studi di Mediobanca che ha riunito in un indice le società vinicole quotate, tra le quali purtroppo non figura alcuna italiana. Ebbene, le big del vino hanno resistito meglio delle Borse mondiali alla crisi finanziaria. Nel 2008 il calo registrato dall'indice è stato infatti del 28,9% contro il -38,3% della variazione delle piazze internazionali e nei primi due mesi del 2009 l’indice vinicolo ha lasciato sul terreno solo il 3,3% contro la caduta del 15,3% dei mercati mondiali. L’indagine ha preso in esame le 97 maggiori imprese vinicole italiane che fatturano più di 20 milioni di euro e le nove maggiori società quotate internazionali con un fatturato superiore ai 200 milioni di euro. Da gennaio 2001 l’indice mondiale delle società vinicole quotate (38 in 14 Borse la cui capitalizzazione, a fine febbraio scorso, era pari a 14,1 miliardi di euro) è cresciuto del 62,4% mentre nello stesso periodo le Borse mondiali hanno piegato del 31,6 per cento. Le maggiori crescite dal 2001, secondo l’indagine, sono state segnate dalle società vinicole cilene (+101%) e cinesi (+94%) anche se in entrambi i casi sono state superate dall’indice domestico. Le più grosse soddisfazioni sono però arrivate dall’aziende vinicole di Francia e Nord America che hanno più ampiamente superato le rispettive borse (rispettivamente del 135% e del 103%). Dal rapporto dell’ufficio studi di Mediobanca non arrivano però soltanto buone notizie. La crisi economico-finanziaria ha comunque impattato sulla fiducia delle società vinicole che guardano al 2009 con meno ottimismo dopo un 2008 che ha evidenziato una sostanziale debolezza del fatturato (+1,4% ossia sui livelli del 2004). A tenere a galla il settore è stato, in particolare, l’export (+2,8%) che ha compensato la pesante stagnazione del mercato interno (+0,2%, meglio solo della caduta del 2% del 2005). In particolare per quanto riguarda le attese per il 2009 la metà delle imprese prevede uno scenario stazionario, un quarto è pessimista (contrazione superiore al 3%) mentre solo il restante 25% si dichiara in crescita. Quanto all’export l'Unione europea resta di gran lunga l’area più importante (52% nel 2008, 48% nel 2007). A seguire il Nord America (37% nel 2008, 40% nel 2007). Sui restanti mercati si distingue l’insieme Asia/Australia in diminuzione del 3,5% circa rispetto al 2007. Per il 2008 si prevede, inoltre, una nuova contrazione degli investimenti (9% circa) dopo il forte ridimensionamento (-22%) del 2007. Il suo livello risulta il più basso del periodo, dopo il massimo del 2006 (oltre 300 milioni di euro). «Il vino di qualità resiste nelle Borse ma anche sulle tavole degli italiani dove i consumi familiari di vino a denominazione di origine sono cresciuti del 7% nel 2008 in netta controtendenza rispetto all’andamento generale», sottolinea la Coldiretti commentando i dati del centro studi di Mediobanca. Anche se i dati forniti da Piazzetta Cuccia riguardano società straniere, l’andamento rilevato, aggiunge l’organizzazione, potrebbe significare che, «esaurito l’effetto dell’ubriacatura finanziaria degli ultimi anni colpevole della difficile crisi, si riparte dall’economia reale come quella agricola». Mentre il settore vince la sfida in Borsa e tiene duro sui conti, il culto di Bacco si venera anche su Facebook. Gli amanti del buon bere sul social network superano ragionevolmente i 5 milioni, organizzati in gruppi, pagine e fan club: a fare la parte del leone è lo Champagne, che da solo supera il milione di web-appassionati, ma anche i grandi nomi italiani hanno schiere di fans. La pagina Chianti Classico più frequentata di Facebook conta da sola circa 30.000 iscritti, quella Brunello di Montalcino 17.000.